Rischio idraulico

Il rischio idraulico, da intendersi come rischio di inondazione da parte di acque provenienti da corsi d’acqua naturali o artificiali, risulta essere, anche secondo l’approccio dettato anche dalla normativa nazionale (L.267/98) in materia, il prodotto di due fattori: la pericolosità (ovvero la probabilità di accadimento di un evento calamitoso di una certa entità) e il danno atteso (inteso come perdita di vite umane o di beni economici pubblici e privati).

La pericolosità è un fattore legato sia alle caratteristiche fisiche del corso d’acqua e del suo bacino idrografico, sia alle caratteristiche idrologiche, ovvero intensità, durata, frequenza e tipologia delle precipitazioni, nel bacino imbrifero dal quale si alimenta ogni corso d’acqua.

Nella storia recente sono state documentate numerose alluvioni che hanno colpito anche duramente il territorio regionale, tra le tante si ricordano quelle del 1920, 1965 e 1966 che trovano puntuali documentazioni e registrazioni storiche sia nei termini di afflussi che dei danni subiti dal territorio. Più recentemente si sono verificati eventi alluvionali più frequenti, anche se spesso hanno coinvolto solo bacini minori o porzioni dei bacini dei grandi fiumi: è il caso degli eventi del 1983, del 1990, del giugno e novembre 1996, del 1998, del 2000, del giugno e novembre 2002 nel pordenonese, del 2003 in Val Canale, del 2004, fino al recente nubifragio del settembre 2005 nei bacini del Fiume Fiume e del Fiume Sile.

Fiume Veneto settembre 2005
Fiume Veneto settembre 2005

Il rischio idraulico inoltre può riguardare anche le opere idrauliche realizzate dall’uomo, qualora vengano meno le condizioni di sicurezza per il funzionamento delle stesse. È necessario pertanto valutare tra i rischi idraulici anche la tenuta degli sbarramenti sui corsi d’acqua, l’efficienza di manufatti di scolo e scolmatura (canali e tombinature), la funzionalità dei sistemi di drenaggio delle acque piovane nelle zone urbanizzate e il corretto funzionamento dei sistemi di pompaggio per le aree di bonifica.

Considerate le caratteristiche idrologiche del territorio regionale, sulla base delle tipologie dei corsi d’acqua si possono individuare in generale delle tipologie di pericoli ricorrenti.

Opere di difesa: rinforzo degli argini nella zona industriale di Amaro
Opere di difesa: rinforzo degli argini nella zona industriale di Amaro

Torrenti montani

I corsi d’acqua a carattere torrentizio possono determinare situazioni di rischio idraulico soprattutto in relazione alla loro azione di scavo e di trasporto di materiale d’alveo: tale fenomeno se non equilibrato può causare da un lato l’erosione delle sponde e dei versanti, oltre che delle fondazioni di eventuali opere presenti lungo il corso d’acqua, dall’altro un sovralluvionamento dell’alveo che può provocare l’esondazione del torrente e la modifica del suo percorso, oltre a poter determinare l’insufficienza dei manufatti di attraversamento e la riduzione dei franchi di sicurezza delle opere di difesa. Altro fenomeno che può determinare situazioni di rischio, comune in molte valli minori delle alpi e delle prealpi incise in prossimità di importanti falde di detrito, è la possibilità della formazione di colate detritiche, ovvero fenomeni di deflusso rapido di flussi misti di materiale solido e liquido in grado di investire e travolgere tutto ciò che si trova lungo il canale di colata e nelle adiacenze qualora questo risulti insufficiente a contenere i volumi movimentati. Le zone di arresto delle colate sono spesso le confluenze con altri corsi d’acqua, cosa che può determinare lo sbarramento degli affluenti principali con conseguente propagazione a valle degli effetti dannosi delle colate detritiche.

Danni provocati dalla piena del torrente in Val Aupa
Danni provocati dalla piena del torrente in Val Aupa

Fiumi di pianura

Le principali problematiche legate ai corsi d’acqua di pianura sono determinate dalla possibilità che precipitazioni di intensità e durata eccezionale determinino la formazione di portate di deflusso superiori alle capacità degli alvei. In caso di carenza o assenza di zone di naturale laminazione o espansione delle acque di piena si può avere l’esondazione dei fiumi con conseguente allagamento di vaste aree di territorio con livelli d’acqua in grado di danneggiare le infrastrutture civili e porre a rischio anche l’incolumità delle persone. In presenza di opere di contenimento quali arginature o muri spondali spesso i fiumi di pianura in condizioni di piena si trovano ad essere pensili rispetto al piano di campagna esterno alle difese; ciò, in caso di insufficienza della capacità di deflusso in alveo per eventi di eccezionale portata, può provocare fenomeni di sormonto delle difese stesse, con allagamento delle aree rivierasche. Al sormonto delle arginature può seguire la rottura delle stesse per erosione e in tal caso si determinano i rischi maggiori in quanto la velocità e l’altezza delle acque di esondazione possono essere elevate e in grado di travolgere tutto ciò che investono sul loro percorso.

 Tagliamento - Piena del 1° novembre 2004
Tagliamento - Piena del 1° novembre 2004
Isonzo in piena a Sagrado
Isonzo in piena a Sagrado

Torrenti e lavie pedemoreniche

I corsi d’acqua che nascono ai piedi delle colline moreniche in genere terminano spagliando le acque nelle zone di pianura a monte della linea delle risorgive o, in alcuni casi come il T.Cormor, confluiscono in canali artificiali che li convogliano in laguna o nei fiumi di risorgiva della bassa pianura. Questo regime particolare, a causa della forte urbanizzazione del territorio di pianura e delle modifiche dell’uso del suolo intervenute negli ultimi decenni, presenta in diversi casi delle problematicità dovute essenzialmente all’aumento degli afflussi di acque meteoriche dalle superfici urbanizzate, e di conseguenza più “impermeabili”, e alla diminuzione delle aree libere disponibili per la dispersione in fossi e campagne delle acque stesse. Nel caso di eventi meteorici intensi nelle aree collinari e di pianura, la cui frequenza è in aumento negli ultimi anni, si possono determinare quindi criticità per insufficiente capacità degli alvei, vincolati spesso dalla presenza di aree urbanizzate ed infrastrutture viarie, o per insufficiente disponibilità di aree di espansione e dispersione naturale delle acque, mancanza che può essere dovuta anche a fenomeni come l’occlusione di tombinature di attraversamento stradale o all’interrimento di fossi e cunette di scolo. Le esondazioni che si possono determinare lungo l’asta e nella parte terminale di tali corsi d’acqua non sono generalmente quantitativamente rilevanti, né temporalmente persistenti, tuttavia in genere interessano zone densamente abitate o con presenza di insediamenti artigianali ed industriali e pertanto si possono rivelare estremamente gravi sia in termini di danni arrecati ai beni mobili e immobili, sia in termini di disagio alla viabilità e alle attività economiche e sociali delle località colpite.

Cormor in piena a S. Andrat - 1° nov 2004
Cormor in piena a S. Andrat - 1° nov 2004

Corsi d’acqua di risorgiva

I corsi d’acqua di risorgiva hanno un regime idraulico naturale peculiare in quanto reagiscono alle precipitazioni con un certo ritardo e hanno tempi di salita ed esaurimento delle piene più lenti rispetto ai torrenti. Il regime ordinario è legato agli andamenti stagionali delle falde di alimentazione, tuttavia ad esso si può sovrapporre il contributo delle piogge locali sul bacino afferente che, qualora intense, possono determinare fenomeni di piena significativi e anche esondazioni sia del corso principale che dei numerosi scoli e canali minori che in caso di innalzamento eccessivo del livello idrico del fiume principale non sono in grado di recapitarvi le proprie acque. Tale problematica idraulica può aggravarsi qualora i corsi di risorgiva, che in generale non sono arginati, attraversino aree intensamente urbanizzate: in presenza di forti apporti idrici superficiali dovuti ad intense precipitazioni in terreni poco permeabili e concomitanti difficoltà di deflusso del corso di risorgiva nel suo recettore finale causate da condizioni idrometeorologiche avverse (di piena o da alta marea particolarmente sostenuta) i fiumi di risorgiva possono esondare nelle aree rivierasche e mettere in crisi i sistemi fognari dei centri abitati anche per tempi prolungati causando allagamenti e interruzioni di viabilità con conseguenti danni e disagi alle popolazioni e alle attività economiche.

Esondazione del Noncello del 26 novembre 2002
Esondazione del Noncello del 26 novembre 2002