Il Rischio sismico è definito in termini economici come la possibile perdita della proprietà o della funzionalità di un edifico, o di una struttura in genere, a causa di un evento sismico. La sua stima si può schematizzare in termini quantitativi con una relazione che lega la pericolosità sismica, la vulnerabilità e l’esposizione. La pericolosità sismica di un’area si definisce come la probabilità che entro un certo periodo di tempo ed entro l’area, si verifichi un terremoto distruttivo. La vulnerabilità è invece la predisposizione che possono avere persone o beni a subire danni a causa del verificarsi di un terremoto. Per esposizione si intende la qualità, valore, consistenza e dislocazione dei beni presenti sul territorio, che possono essere influenzati in maniera più o meno diretta da un evento sismico.

Per valutare la pericolosità sismica di un luogo è necessario innanzitutto conoscere la sua storia sismica, quindi avere una lista dei terremoti che hanno colpito la zona quanto più completa ed estesa nel tempo. Poi occorre associare i terremoti avvenuti nel passato alle informazioni geologiche disponibili e creare una cartografia delle zone sismogenetiche. Con apposite simulazioni, poi, si ottengono dei valori di scuotimento del suolo, generalmente in termini di accelerazioni oppure di intensità macrosismiche stimate come possibili durante un certo intervallo di tempo.
Al contrario della pericolosità sismica, che è una grandezza non riducibile, l’esposizione, dipendente dal valore economico di un bene, può essere limitata evitando per quanto possibile di costruire in zone altamente pericolose dal punto di vista sismico. Le maggiori possibilità di limitare il rischio sismico si hanno, invece, agendo sulla vulnerabilità dei beni di una certa zona. Le norme sismiche impongono di costruire nuovi edifici o di ristrutturare quelli esistenti, seguendo determinati criteri che permettono di limitare efficacemente i danni causati da eventi sismici.
Dopo il terremoto dell’Irpinia del 1980, Il CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha proposto una riclassificazione sismica dei comuni basata sugli effetti di possibili terremoti futuri. Questo studio suddivide i comuni italiani in tre categorie per le quali le norme costruttive applicate sono diverse. Nel 2003 un ulteriore aggiornamento ha modificato sia la lista dei comuni considerati sismici sia le norme tecniche da utilizzare nella costruzione degli edifici. Con questa proposta di riclassificazione, è aumentato il numero di comuni appartenenti alla classe più sismica, pari al 9% del totale. Questa proposta è attualmente al vaglio delle singole autorità regionali che possono commissionare studi di dettaglio per migliorare le conoscenze relative alle diverse unità territoriali.
Sismicità

Il territorio occupato dalla regione Friuli Venezia Giulia può essere considerato di moderata sismicità. Analizzando la distribuzione della sismicità sia storica che recente si vede come gli eventi sono concentrati nella fascia di rilievi della pedemontana a sud, fino alla parte più interna della catena a nord e in senso longitudinale si trovano dalla zona del gemonese fino a comprendere la Carnia e le Dolomiti friulane. I dati macrosismici relativi ai terremoti storici e le localizzazioni automatiche di eventi recenti suggeriscono che la maggior parte dei terremoti che hanno colpito la regione fino ad ora sono piuttosto superficiali.
Il più forte terremoto che ha colpito la nostra regione e la confinante Slovenia Occidentale e di cui si abbia memoria è l’evento del 26 marzo 1511 con zona epicentrale Idrija, ad una cinquantina di km dal confine con il Friuli. Un altro evento che in precedenza si è generato nella regione è l’evento del 1348 che colpì la Carnia (epicentro) e distrusse gran parte della nostra regione ma anche della Carinzia (Fig. 1).
Gli eventi più forti che hanno colpito la nostra regione negli ultimi decenni sono, il terremoto del Friuli del 6 maggio 1976 (MS = 6.5) e quello di Moggio del 14 febbraio 2002 (Ml = 4.9). Al di fuori della regione, da menzionare la sequenza di Bovec-Krn del 1998 (Ms = 5.7) e l’evento del 2004 con medesima zona epicentrale (Fig. 1).
Il terremoto del Friuli è l’evento più forte registrato nell’Italia nord-orientale. Il sisma principale fu preceduto da un precursore (MS = 4.5) e fu seguito da una lunga serie di repliche. In particolare, due di queste accadute il 15 settembre ’76 furono molto forti (MS = 6.0 e 6.1).

Prima del terremoto del 1976, il numero annuo di eventi registrati era particolarmente basso a causa della totale mancanza di una rete locale in grado si registrare e localizzare i sismi. Pertanto, guardando una mappa della sismicità che include sia eventi storici che recenti, la visione d’insieme è tale per cui la sismicità è concentrata quasi totalmente nella regione epicentrale del terremoto del 6 maggio, fatta eccezione per numerosi eventi appartenenti alla sequenza sismica di Bovec del 1998.
Dopo il 1976 furono installati nella nostra regione diversi sismografi (principalmente a corto periodo), e questo fatto portò ad un notevole miglioramento nel monitoraggio sismico del Friuli Venezia Giulia.
La strumentazione installata in campagna, un tempo isolata, ha raggiunto nel corso dei decenni un livello di tecnologia sempre più avanzato tale da permettere la trasmissione dei dati in tempo reale via radio-link, via internet o via satellite. Ciò consente di ottenere non solo registrazioni complete ma anche localizzazioni di eventi sismici a pochissimi minuti dal loro verificarsi.
